APPUNTI DISORDINATI A STELLE E STRISCE DI UNA DONNA TRICOLORE NEL SUO VIAGGIO DI UNA VITA







martedì 13 dicembre 2011

E l'amico e' qualcosa che piu ce n'e' meglio e'...

La Cate si e' buttata nella mondanita' questa settimana, giovedi ha accompagnato Mr. Energy all'aperitivo organizzato dalla sua classe di italiano. La serata si e' allungata con io che tenevo amabile conversazione nella mia lingua natia (bevendo dopo anni un chinotto!!) gli studenti boffonchiavano frasi sconnesse e senza senso in un italiano approssimativo, Mr. Energy che sorrideva e annuiva come un beota a qualsiasi cosa gli si chiedesse (in italiano ovvio) e mia figlia che faceva da reginetta della serata, coccolata, abbracciata, baciata e pizzicottata. Venerdi sera ho raggiunto la mia amica italiana nella sua casa vista Empire e Crysler per una bevuta celebrativa (mentre Mr. Energy, memore dell'anno passato e col timore di trovarsi nuovamente tra francesi bevitori di vino rosso e italiani caciaroni, e' rimasto a casa con pizza, amico e bimba dormiente). La festa era assolutamente all'insegna del tricolore e nonostante smaniassi dall'idea di sfoggiare per una sera una brillante conversazione arricchita da un sense of humor che tutti possono capire e condita con un uso appropriato dei congiuntivi, mi sono resa conto che parlare tra compaesani ritrovati oltreoceano alle volte puo' risultare ripetitivo e a tratti assurdo. Eh si, perche se vi capita di mischiarvi per una sera tra cumpa' state sicuri che la conversazione partira sempre con le seguenti domande: - come ti chiami - che lavoro fai - con che visto sei qui - dove vivi - a che piano vivi. Ora, io so bene che anche in Italia quando conosci qualcuno per la prima volta e' inevitabile che l'argomento professione e lavoro vengano fuori, ma qui a NY tra italiani tutto ruota intorno al senso di capire se chi ti sta' accanto ha piu' successo di te nella scelta di vivere oltreoceano e ha maggiori e piu' valide motivazioni delle tue. Per cui avere un lavoro (che e' sempre impreziosito da un titolone in inglese che fa fichissimo) vince sull'essere qui per motivi di studio. Avere un visto di lavoro non ha prezzo rispetto ad uno temporaneo e vivere al 20mo piano di un edificio in un quartiere da codice fiscale (SOHO, NOHO, NOLITA..) e' molto piu gettonato che vivere tra i casermoni alla fine della Broadway. Il tutto se rapportato ad un contesto locale come puo' essere un aperitivo al Radetsky a Milano ci puo' anche stare, ma qui che dovremmo essere tutti solidali e fare fronte compatto, mi lascia solo un po' amareggiata e delusa. Capirete poi il successone che riscuoto io quando dico che sono qui senza visto, che non lavoro e che vivo al piano terra! Ma io mi tengo stretta e orgogliosa la mia diversita' tie'!

3 commenti:

  1. Ma come fai ad essere lì senza visto??? Ma hai almeno un qualche permesso, visto che sei sposata ad un americano e hai messo al mondo una bambina in territorio americano?

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  2. Caterina, mi spiace, sto racconto mi ricorda tanto la mia vita a Santa Barbara. Ma il trattamento mi era sempre propinato dai Native, gli italiani che ho incontrato finora sono sempre stati solidali per fortuna. Comunque hai ragione:l'argomento visto è sempre l'hot topic di ogni incontro con espatriati :)

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  3. ti capisco quando dici che con il non lavorare riscuoti un successone :(

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